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Sintetizzatore Minimoog model D | |
Nel novembre del 1968 Walter Carlos ottenne un incredibile successo con il suo album Switched on Bach, dove riproponeva dei brani del celebre Bach rieseguiti con un nuovo strumento ( per l'epoca ) che aveva delle sonorità spaziali : il Moog Modular Synth. L'aspetto dello strumento era abbastanza particolare, una tastiera a cinque ottave, collegata ad un mobile alto quasi un metro, diviso in tre ripiani, che ospitava da 15 ad un massimo di 35 moduli, tutti alti 25 centimetri, e collegati tra di loro con dei cavi.
Il Moog Modular System era uno strumento molto versatile, ma non si adattava all'uso live, per problemi di peso, e di alimentazione di rete, con conseguenti sfasamenti di accordatura degli oscillatori. | |
Il
Minimoog è composto da una tastiera 44 tasti ( fa-do ), tre oscillatori
con sei forme d'onda ciascuno, due generatori di inviluppo ADS (in cui il Decay
regola sia il tempo di decadimento che, mediante uno switch, il release), il famoso
filtro VCF Moog, un generatore di rumore bianco e rosa. Un'altra
caratteristica dello strumento è il Trigger input: ha la particolarità
di funzionare a caduta di tensione, uno Switch-trigger, e non un normale Voltage
trigger, per cui è sufficiente corto circuitare i fili per ottenere il
trigger, ma risulta impossibile qualsiasi tipo di interfaccia con sequencers ed
altri sintetizzatori, realizzato inoltre con un rarissimo connettore Cinch-Jones.
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Montando i tre oscillatori su una singola scheda di circuito stampato, il filtro passa basso con il relativo ADS su di un'altra ed il secondo inviluppo su di una terza scheda, Moog fu in grado di ridurre le dimensioni dello strumento, ottimizzando le tarature e regolazioni che si rendevano necessarie periodicamente mediante trimmers alloggiati sul pannello posteriore. La tastiera monofonica, a low priority è a triggeraggio singolo, questo significa che fino a che c'è un tasto abbassato è impossibile ritriggerare gli Asdr, e pertanto, in caso di passaggi veloci, è necessario suonare staccato. Comunque, sebbene gli obiettivi da raggiungere fossero maneggevolezza e portatilità, il vero successo del Minimoog è dovuto al suono, una timbrica unica, irripetibile, una sonorità ricca di calore, con una punta di saturazione difficilmente replicabile anche sugli odierni mostri digitali. E' sintomatico che musicisti del calibro di H. Hancock, Jan Hammer pur utilizzando il meglio di quanto c'è in giro non si separino dal Minimoog, insostituibile mezzo di espressione, macchina da assoli l'ha definita qualcuno. | |
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Nel 1973 erano già stati costruiti 4000 esemplari; tutti i più acclamati musicisti del periodo (Emerson, Wakeman) usavano il Minimoog: il primo approccio con lo strumento è stato per molti il solo di "Lucky Man", eseguito da Emerson sfruttando sei oscillatori, con onde quadre ed un certo portamento sulla tastiera. La prova del successo è senza dubbio l'imitazione. Immediatamente una intera sottostruttura industriale iniziò la produzione di minisint, senza mai riuscire a creare qualcosa di alternativo al binomio Arp/Moog (strane analogie con Gibson/Fender...). Attraverso
gli anni settanta il Minimoog è stato lo standard con cui si sono misurati
molti strumenti, molte progettazioni. Nel
Luglio 1981, 11 anni dopo la sua introduzione sul mercato, cessava la produzione. Tra le soluzioni tecniche destinate a far storia, proprio la ruota del Pitch Bend occupa un posto molto importante: pur non assicurando sempre un ritorno a zero estremamente preciso, consente tutta una serie di vibrati, di inflessioni uniche nella loro articolazione, veramente chitarristiche; provate a sentire George Duke o Tom Coster... La progettazione originale dello strumento prevedeva tre oscillatori non stabilizzati alla temperatura, il che voleva dire pericoli di cambiamenti nell'intonazione col variare delle condizioni esterne, erano necessari lunghi periodi di warm-up prima di essere sicuri dell'assestamento dei Vcos. | |
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A
partire dal numero di serie 10175, per ovviare a questo inconveniente,
gli strumenti sono stati dotati di nuovi oscillatori, più stabili nell'accordatura
e di più elaborata progettazione. Questo secondo tipo, se da un lato assicura migliore stabilità all'accordatura, dall'altro, inspiegabilmente per molti, toglie qualcosa al suono; diviene molto più facile ottenere lo zero battimenti per periodi di tempo molto lunghi, ed in conseguenza a ciò il suono sembra perder di dinamica, vengono a mancare quegli slittamenti nella frequenza, che assicuravano un suono rollante, drammatico, protagonista per eccellenza.
Comunque, le soluzioni tecniche, le semplici connessioni tra moduli, hanno più volte messo in luce una certa limitatezza delle interconnessioni (non è possibile, ad esempio, modulare la frequenza degli oscillatori con gli inviluppi). Peraltro questa limitata connessione interna assicura un rapporto segnale-rumore incredibile, l'unico strumento che non ha mai creato problemi in registrazione, che si accoppia facilmente a qualsiasi amp o mixer è il Minimoog. Una
curiosità che può venire ad alcuni è sulla possibilità
di datare i propri strumenti. | |
DOWNLOAD | |
Scheda Pannello Minimoog con suono da copiare | |
Manuale del Minimoog in Inglese PDF 75 Kb | |
Catalogo Sintetizzatori Moog anni 70' | |
Vintage electronics instruments | |
ARP 2600 Sintetizzatore monofonico 1971 | |
ARP OMNI String Machine (tastiera violini) 1976 | |
EMS VCS3 Sintetizzatore monofonico 1970 | |
HONER CLAVINET Tastiera con generazione del suono a corde e pick up hambucking | |
ORGANO HAMMOND Organo elettromagnetico 1934 | |
MINIMOOG Sintetizzatore monofonico 1971 | |
POLYMOOG Sintetizzatore polifonico 1975 | |
MELLOTRON Campionatore primordiale a nastri magnetici 1964 | |
YAMAHA CP 70 ELECTRIC GRAND PIANO Pianoforte acustico elettrificato da palco 1975 |
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