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mondo del Rock, e dei jazz il pianoforte è sempre stato uno strumento difficile,
ha avuto esecutori eccelsi, ha assunto una sua connotazione dinastica e stilistica
che si è sempre male adattata a palliativi di qualunque genere fossero.
Al punto tale che questi mezzi sostitutivi hanno spesso assunto poi un
valore autonomo, distaccato dallo strumento che erano stati chiamati a sostituire:
è il caso del Fender Rhodes nei confronti del vero piano.
Per
owiare a questo stato di cose, sul finire degli anni settanta i tecnici giapponesi
della Yamaha, forti della loro esperienza nei pianoforti acustici, misero a punto
un brillante strumento. il piano Yamaha CP 70 Electric Grand.
Una
rivoluzione nei concetti di spazio e massa sonora, come si disse allora...
Lo
Yamaha CP 70 Electric Grand Piano (anche conosciuto come Yamaha CP-70) fu
introdotto sul mercato a metà degli anni '70 e la produzione è cessata
a metà degli anni '80.
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| Essendo
stato concepito come un modello da palco, è rivestito in tolex nero, e
si compone di due pezzi separati che pesano oltre 50 Kg al pezzo.
Il CP
70 è un pianoforte acustico a tutti gli effetti, con una meccanica
ed una tastiera in legno a settantadue tasti che non hanno nulla da invidiare
ad un vero pianoforte, l'unica differenza è che i martelletti del CP
70 sono rivestiti di pelle di daino invece che in feltro. La
novità era nella creazione di un nuovo tipo di corda, che permettesse lo
stesso risultato tradizionale in un minore ingombro ed una maggiore trasportabilità.
Tre
corde per tasto, quelle dei bassi con un rivestimento in rame più spesso,
per supplire alla minor lunghezza.
Sotto ogni set di corde è posto
un piezoelettrico, molto a contatto, che traduce la vibrazione sonora indirizzandola
ad uno stadio di equalizzazione; un tremolo dell'intensità e velocità
regolabile, ed un send return completano i controlli a disposizione.
Proprio
per la disposizione dei pickups, atta ad eliminare quasi tutti i problemi di rientri,
il suono del CP 70 si è sempre distinto dal vero pianoforte acustico: una
timbrica estremamente netta, distinta nota per nota, con una notevole separazione
tra le frequenze.
All'ascoltatore esperto questo risulta come una separazione
de facto tra le corde del pianoforte, peraltro l'articolazione è identica
ad un piano.
L'uso dal vivo dello strumento non ha mai creato alcun problema,
né ai fonici e tantomeno ai musicisti, anzi, proprio per la presenza delle
corde, lo strumento suona sempre, anche quando il PA è spento o il volume
è al minimo (mentre si stanno facendo i suoni della batteria e le tastiere
sono chiuse dal tecnico, per intenderci).
La comodità di avere sempre
la stessa tastiera tutte le sere, lo stesso pianoforte è innegabile: questo
ha sancito il successo dello strumento che oggi è un must per quasi tutti
i tastieristi che lavorano in tournée di più date. |
| Va
però ammesso che all'inizio il pianoforte CP 70 ha creato non pochi problemi:
molti si erano dimenticati della natura acustica dello strumento, o forse non
era ancora pronto il mercato; sta di fatto che i primi Yamaha erano perennemente
scordati e, soprattutto sui bassi, (punto critico dello strumento, vista la scarsa
lunghezza delle corde) era possibile avvertire dei veri e propri orrori.
La
costruzione era stata pensata in modo da permettere un agile trasporto del CP
70: dividendo il blocco gambe-meccanica, dalla cordiera - trasduzione; le due
sezioni venivano richiuse con appositi sportelli per assicurare la sopravvivenza
anche al più rude trasporto.
A proposito di trasporti, quando più
recentemente è stato messo in commercio il modello CP 80, con alimentazione
esterna, ci è capitato più di una volta di assistere a frenetiche
ricerche dell'alimentatore esterno, irrimediabilmente dimenticato in qualche data
precedente.., incovenienti del mestiere.
In
sala la difficoltà più grande era contenere la dinamica dello strumento.
E' molto facile avere dei bassi distorti, saturati da un pianista troppo
energico; i pickups interni non perdonano e tramettono tutto quanto, senza tralasciare
nulla.
Ormai entrato a far parte della normalità operativa nel mondo
musicale, si deve al CP 70 se molti personaggi hanno potuto portare sui palchi
quel suono, quell'immagine che sembrava indissolubilmente legata al pesantissimo
gran coda. Il modello CP 70 B incluse diverse
caratteristiche migliorate come uscite bilanciate (da qui il B aggiunto a CP 70)
ed ha integrato un preamplificatore
C'era anche un modello che includeva
l' uscita midi (CP 70 M ), ed EQ.
Di queste unità sono ne
sono state fatte pochissime.
Il CP80 Yamaha (o CP-80) era il fratello
maggiore del CP70, e comprendeva un'ottava in più di tasti (il CP70 ha
un totale di 73 tasti).
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