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Sintetizzatore ARP 2600 | |
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Ne1 1969, Alan Robert Pearlman ingegnere elettronico, e pianista dilettante, specializzato nella progettazione di amplificatori audio per il progetto Apollo e Gemini, fonda una società per la costruzione e la commercializzazione di sintetizzatori elettronici: la ARP Instruments, Inc. Sigla che rappresentava le iniziali del suo nome. Nel 1970 veniva commercializzato il modello 2500, un sintetizzatore modulare dalle prestazioni estremamente valide e tipicamente da studio, diretto predecessore del sintetizzatore ARP 2600. Le
caratteristiche dei primi strumenti ARP della serie 2000 sono la modularità,
il controllo automatico mediante tensione elettrica, la buona qualità dei
componenti (circuiti integrati) e il sistema di interconnessione fra i moduli
che esclude l'impiego di cavi utilizzando una personale matrice di interruttori. Il mercato era diviso tra due grandi marche, Moog e la nuova nata Arp che, negli anni '70, riusciva ad impossessarsi del 40% del fatturato. L'atmosfera di competizione tra le due case fece sì che determinate soluzioni tecniche non venissero accettate anche quando la loro ovvia validità era innegabile ( basti pensare al pitch bend a rotella del Minimoog, infinitamente più comodo di tutte le soluzioni alternative proposte sui modelli 2600 ed Odyssey ). Una
delle specialità ARP era quella di incapsulare le circuitazioni in blocchetti
di resina, di ridotte dimensioni, i predecessori degli odierni chip-modules. Questo synth detiene una posizione quasi unica, di classico insuperabile nella storia degli strumenti musicali elettronici. L'obiettivo principale dello strumento era quello di offrire uno studio elettronico in miniatura, autosufficiente; era rivoluzionario per vari motivi: contenuto in una custodia che ne facilitava al massimo il trasporto, presentava tre oscillatori audio con frequenza variabile da 03 Hz a 20 KHz, tutti con un potenziometro a corsa lunga ed un altro scalato per l'accordatura fine. Va fatto notare che gli oscillatori Arp sono incredibilmente stabili anche sottoposti a sbalzi di temperatura, risultando così estremamente affidabili in usi dal vivo o in sala. | |
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Cinque forme d'onda, PW, Triangolare, Sinusoide, Quadra e Rampa. Un VCF passa basso, con Adsr a quattro settori ed un VCA completavano la voce di base; a questi moduli si aggiungevano Sample & Hold, Ring Modulator, due Voltage Processors, Envelope Follover e preamp microfonico, infine un riverbero stereofonico e due altoparlantini per fornire un monitoraggio stereo al musicista. Come si vede, è presente tutto il necessario per poter processare segnali esterni, creare timbriche sul pannello con o senza intervento di patch cord. Molte
circuitazioni erano già presenti sull' EMS synth, ma nel caso del
2600, la flessibilità d'uso era ed è infinitamente superiore. La
grande trovata dello strumento era nello schema di patching: una combinazione
di connessioni interne normali (Vco, Vcf; Vca) che poteva essere alterata con
patchcords interrompendo le normali successioni dei moduli. L'uso
di piccoli jacks ha spesso creato dei problemi di caveria, nel senso più
pratico era necessario munirsi di una nutrita serie di raccordi e giunzioni per
poter entrare in un qualunque mixer... | |
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Era
facile aggiungere la sincronizzazione agli oscillatori o connettere degli extra
presets switches. Ed
avere un ARP 2600 con sessantaquattro memorie non è una cosa che capiti
tutti i giorni... La presenza dei monitor stereo incorporati si è sempre dimostrata efficace, sia per lavorare su un segnale, e sia per procedere ad un'ulteriore programmazione del pannello. Nel 1976 lo strumento viene dotato dotato di una tastiera ridisegnata, in grado di creare dei bicordi, assegnabili mediante cavettatura a due VCO, con un Lfo addizionale e con portamento footswitch che si dimostra utilissimo per creare quei suoni di basso sintetizzato che ancora oggi dettano leggi in determinati generi musicali; a questi vantaggi si contrappone la scomparsa dello Scale regolabile sulla tastiera; ciò significa che ora, se si rende necessario cambiare lo standard il V/Oct. bisogna agire sulle tre mandate di modulazione dei tre oscillatori. Un punto a sfavore dello strumento è la mancanza di un filtro passa alto. La
cosa è rimediabile, con un certo lavoro, sovrapponendo al segnale normale,
il suo negativo, invertito di fase con i due Voltage Processors. Inutile dire che l'unico trigger che fa eccezione è quello Moog. | |
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Equipaggiato con una serie di cavetti e di sound patches l' ARP 2600 veniva venduto come un vero arsenale sonoro, sia dal punto di vista didattico, sia per il professionista che fosse già in grado di usarlo. Dal punto di vista didattico, non si può non citare l'ottimo manuale di istruzioni in dotazione, voluminoso e chiaro al punto da divenire uno dei libri di testo più usati per imparare ad usare i synth... Dopo L'ARP 2600 l'azienda americana produsse un altro sintetizzatore più piccolo, l' Odyssey e, un paio d'anni più tardi il Pro-Soloist basato su una tastiera di tre ottave. Verso la metà degli anni '70 la produzione si orienta prevalentemente sui sintetizzatori a tastiera, anche polifonici e atti a simulare suoni di strumenti tradizionali.. Nonostante il successo commerciale, la ARP cessa l'attività nel 1981 a causa di una cattiva gestione finanziaria. Oggi
un sintetizzatore come l'Arp 2600 rimane un lusso, un oggetto di cui i possessori
non possono più farne a meno (per la sua versatilità) ma che non
si trova più sul mercato
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catalogo sintetizzatori ARP anni 70' | |
download manuale di istruzioni ARP 2600 in PDF | |
download depliant pubblicitario ARP 2500 in PDF | |
download manuale istruzioni ARP Odyssey in PDF | |
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