Estetica della musica elettronica di Herbert Eimert
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Sarebbe invece piú importante che riflettessero quante opere altissime di tre secoli di musica rimangono ad essi necessariamente precluse. Le loro modeste capacità musicali non arrivano infatti a dominare i grandi lavori orchestrali e solistici della tradizione.

Per comprendere meglio quanto si è detto bisogna estendere le nostre considerazioni al concetto di studio. La musica elettronica non conosce il musizieren

. C'è poi da domandarsi se il virtuoso che suona Bach, Beethoven, Chopin, Schumann o Brahms non sia altro che un bravo dilettante.

 
 


Esegue in effetti qualcosa che è frutto di un lunghissimo studio e di innumerevoli prove, il risultato di un meccanismo preordinato forse da mesi e comunque incredibilmente monotono, faticosamente e minuziosamente preparato, molto piú vicino alla studiata precisione di una complicata sincronizzazione elettronica che non all'ingenuo e compiaciuto musizieren.

E qui il caso di aggiungere che la liquidazione dei sistemi tonali esistenti e l'instaurazione del nuovo ordine della musica elettronica (i cui primi cenni si hanno già nella musica di Anton Webern) non hanno lo scopo di mettere fuori corso la musica strumentale.

Herbert EimertAl contrario, la recente musica strumentale sviluppatasi in base ai principi della serie ha molti punti di contatto con la musica elettronica, e le nuove nozioni teoriche sulla natura del suono valgono sia per l'una che per l'altra. In effetti tutti i compositori di musica elettronica sono anche autori di musica vocale e strumentale.

Ciò non cambierà neanche in futuro ed è per ora impensabile che la propedeutica musicale possa iniziare con i mezzi elettronici. In nessun caso si dovrà tracciare un limite tecnico e artigiano tra la musica strumentale e quella elettronica. Gli aspetti teorico-musicali sono gli stessi.

Decisivo resta il fatto che le nuove idee strutturali possono essere ricavate soltanto dal suono in sé, inteso come materiale, qualunque sia la sua costituzione interna. Il compositore accetterà questo materiale soltanto se potrà controllarlo, dominarlo cioè al punto di poterlo usare per comporre.

Questo significa che i suoni non controllati, quali si possono ottenere facilmente attraverso procedimenti di montaggio delle bande sonore, non appartengono alla musica elettronica. Alcuni credono che questi "missaggi" sonori con procedimenti di taglio e montaggio siano una sorta di metodo compositivo.
Il sistema di suoni resi disponibili dai mezzi elettronici non può essere altro che un sistema di rapporti virtuali, dal quale il compositore ricava delle strutture, ora seriali, ora basate su relazioni matematiche, gruppi ecc.

E anche dove egli passa dall'ordine alla piena libertà, chiamando in causa il " caso ", resta sempre sul terreno, anche se molto ampliato, della composizione. I suoni e i sistemi musicali finora usati appaiono a tal punto moltiplicati nel balzo verso l'elettronica, che il loro ordinamento in un sistema strumentale, quale potrebbe essere una tastiera, non avrebbe senso.

Nella musica strumentale può essere impiegato solo un numero limitato di elementi, fissati nella notazione. Se però si considera non l'opera scritta, bensí quella interpretata, vivente cioè nella realtà sonora, ci si accorgerà che il numero degli elementi si accresce di tutto ciò che vi aggiunge l'esecutore, di cosciente o incosciente, di previsto o imprevisto.

C'è da supporre che il numero degli elementi in gioco nella musica strumentale, sia dal punto di vista compositivo che da quello interpretativo, rappresenti una buona parte del repertorio di elementi sonori che ci offre la musica elettronica.

Poiché il nostro sistema di notazione non é sufficiente a rappresentare la varietà di questi suoni né le loro caratteristiche dinamiche e ritmiche, ci si deve aiutare nel realizzare le partiture di musica elettronica con i numeri, le curve, le linee ed altri segni grafici.

Chi, però, partendo da questo dato di fatto, volesse rivolgere contro la musica elettronica la solita accusa di essere " calcolata ", dovrebbe riflettere che non c'è differenza se ci si comunica dei fenomeni musicali mediante le note o mediante i numeri e i segni.

Analogamente stanno le cose riguardo alla famigerata tecnica delle apparecchiature, che da sola non è in grado di decidere nulla. Che sia unicamente il compositore a stabilirne l'uso sul piano compositivo è una delle migliori tradizioni e convenzioni della nostra musica.

L'alleanza fra musica e tecnica ha oggi agito fortemente sulla fantasia, ma mi sembra che non ci sia alcun motivo di proclamare il loro definitivo affratellamento nella musica elettronica. Sarà sempre raccomandabile distinguere tra la tecnica musicale e quella delle apparecchiature, altrimenti ci si troverebbe un giorno nella musica elettronica a non saper piú quale sia il compito dell'ingegnere e quale del compositore.

Nella sua recente evoluzione, la musica elettronica si serve sempre piú del microfono, cioè di quei suoni che non sono ottenuti elettricamente, bensí ripresi dal microfono. A rigor di termini si esula qui dal campo della produzione elettronica dei suoni.

Certi indizi fanno supporre un progressivo ampliamento della sfera elettronica sia tramite l'uso del microfono, sia con i mezzi della musica vocale e strumentale. Nella musica non contano mai i mezzi ma solo l'uso che ne fa il compositore.

Non c'è quindi il minimo pericolo che la musica elettronica possa, con questo arricchimento dei suoni a sua disposizione, tradire i suoi stessi principi.
Per ritornare al punto di partenza: dovrebbe ormai apparire, evidente che ben poco servirà applicare alla nuova musica i tradizionali criteri di estetica generale, a meno che non ci si voglia mantenere appunto sulle generali.

A voler penetrare nei dettagli, i problemi di estetica si mutano immediatamente nei problemi pratici delle singole discipline, in quelli della teoria, della composizione, della psicologia, della scienza della comunicazione e dell' analisi sociologica.

L'estetica in generale, che può vantare solo risultati piuttosto vaghi, si è frantumata in molteplici discipline singole, o meglio, si è associata a queste discipline, tra le quali indubbiamente quelle compositive e teorico-musicali sono le piú importanti.

HERBERT EIMERT


II presente articolo, tradotto da Ida Cappelli, è riprodotto dal fasc. I-4, vol. XIII (1959) della rivista " Revue Belge de Musicologie " col gentile consenso della Direzione, che qui ringraziamo.

Tratto da: "Rassegna Musicale N° 4" 1961

 
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