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Ci
occuperemo di uno strumento portato alla ribalta in questo ultimo scorcio di secolo
dai compositori di musica contemporanea e, purtroppo, non ancora entrato a far
parte dell'arsenale percussivo dei generi musicali più popolari: questo
strumento è lo xilofono. Lo strumento formato da una serie di
barre di legno o di pietra, ancor prima che di metallo, fu nella preistoria uno
fra i primi strumenti melodici dell'uomo; la storia di questi strumenti, che usualmente
si definiscono a tastiera. è abbastanza curiosa: furono i primi ad aprire
all'uomo la possibilità di imitare il proprio canto, di creare intervalli,
di riprodurre il gorgheggio degli uccelli; sono stati gli ultimi, nell'epoca contemporanea,
a conquistarsi una veste definitiva e ad accedere al sistema tonale europeo.
La figura dell'uomo primitivo seduto al suolo che suona quattro o cinque
tavolette di legno appoggiate sulle gambe non è comunque molto dissimile
da quella del moderno strumentista chino sulla sua marimba o sul suo vibrafono
intento a eseguire passaggi virtuosistici: il principio costruttivo di questi
strumenti è infatti rimasto sempre lo stesso, e la tecnica esecutiva ricalca
oggi a grandi linee quella di tutte le civiltà africane, euroasiatiche
e orientali che da millenni hanno adottato questo strumento nelle loro tradizioni
musicali. Non abbiamo oggi reperti archeologici
che possano testimoniare l'esistenza di questi xilofoni primitivi: il materiale
di facile deperibilità non ci ha certo aiutati in questo senso; rappresentazioni
pittoriche e sculture ci consentono invece di dare un volto a questi strumenti
delle origini: dai rilievi del tempio di Panataran a Giava possiamo apprendere
dell'esistenza di questo strumento in quella civiltà mille anni prima di
Cristo. Lo
xilofono è menzionato per la prima volta nelle cronache musicali europee
ne 1511 dall'organista tedesco Schlick, che gli dà il nome di "percussione
di legno"; è un destino ingrato quello che lo xilofono dovrà
conoscere nella musica europea: legato per secoli a tradizioni musicali popolari,
fu superato in uso e importanza da una vasta quantità di altri strumenti;
solo il Novecento con la sua ansia del nuovo lo ricompenserà della lunga
attesa dandogli nuova dignità nell'insieme orchestrale. Lo strumento
medioevale si suppone fosse composto da dodici tasti e, da quanto riprodotto in
incisioni del Trecento, veniva suonato da un esecutore che lo reggeva sul ventre
orizzontalmente legandolo con delle cinghie alle spalle; contrariamente all'uso
fattone più tardi, sembra che in questo suo primo apparire lo xilofono
fosse suonato verticalmente, per analogia forse con il salterio, un altro strumento
a percussione medioevale costituito da una cassa di risonanza trapezoidale con
tese sopra delle corde risonanti alla percussione di due piccoli mazzuoli a forma
di cucchiaio (un suo splendido sviluppo è conosciuto oggi nel cymbalon
ungherese).
A Bologna nel 1695 un musicista di nome Giuseppe Paradossi pubblicò
un metodo dal titolo "Modo facile di suonare il sistro, nomato il timpanio",
che conteneva il disegno di uno xilofono a dodici tasti e numerose tavole a esso
dedicate che avevano per tema danze contadine. Dobbiamo arrivare al 1830
per trovare le prime notizie concrete sulla esistenza dello xilofono nella pratica
comune e sul suo uso concertistico. Il compositore Mendelssohn
fu impressionato in maniera molto favorevole (e con lui anche Chopin e Liszt)
dal virtuosismo esecutivo di un musicista ebreo di nazionalità russa, Gusikow,
che aveva perfezionato una tecnica strumentale di grande portata. Fu
proprio questo funambolesco interprete, con le sue acclamate tourné concertistiche,
a far conoscere questo strumento a tastiera in tutta l'Europa.
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xilofono a quel tempo era costituito da quattro file di tasti incrociati, le cui
posizioni permettevano una notevole velocità di esecuzione; le mazze erano
ancora di legno a forma di paletta, simili a quelle del medioevale salterio.
Un impiego efficace dello xilofono fu fatto nella "Dance macabre"
di Saint Saens, quasi a imitare suono di ossa: si può considerare
questa la prima volta che lo xilofono venne impiegato nella musica europea d'autore;
siamo nel 1874. Nascevano in questi anni numerosi strumenti a tastiera
ispirati da modelli che zelanti viaggiatori riportavano da terre lontane; i più
svariati metalli venivano impiegati per la loro costruzione accanto al legno.
Anche la letteratura per orchestra soffre in questo periodo dell'esplosione
di questi strumenti nuovi: vari autori si innamorarono di questo o di quello,
e scrissero pagine e pagine eleggendolo a protagonista dei loro intrecci sonori;
con il risultato che, caduti in disuso in breve tempo tali novità, le musiche
divennero ineseguibili e finirono nel dimenticatoio. Molte volte il timbro
di questi strumenti veniva usato per dare una patina di esotico al brano musicale:
ricordiamo, per esempio, l'uso che ne fa Puccini nella Turandot, tutto teso a
ricreare atmosfere dal profumo orientale. Sarà di autori rigorosi,
come il geniale Stravinsky, il compito di affidare alla tastiera ruoli
di novità espressiva e di audace ricerca. Con l'andare degli anni,
alcuni strumenti sono stati codificati dalla pratica strumentale moderna e hanno
retto al cambiare degli umori e delle mode musicali; sono lo xilofono, la marimba,
la xilorimba, lo xilofono basso, il glockenspiel, la celesta e il vibrafono, inoltre
una serie di strumenti di uso più limitato in metallo e in legno. |