Dalla
nascita del primo fonografo di Thomas Alva Edison è passato
già più di un secolo e nel frattempo questa geniale invenzione,
pur mantenendo inalterata la sua struttura di base, si è evoluta
e migliorata sino a giungere ai vertici di perfezione che l'attuale
stato della tecnica consente.
Il compito che è chiamato a svolgere il giradischi
appare in via teorica, relativamente semplice in quanto non deve far
altro che imprimere un moto rotatorio costante al disco per consentire
alla testina, supportata nella sua opera dal braccio, di estrarre il
maggior numero di informazioni presenti nel solco sotto forma di modulazioni.
Dunque il compito di questa macchina è rimasto
pressochè immutato nel tempo in quanto ancora oggi, come ai tempi
di Edison, siamo in presenza di un supporto ruotante su cui è
codificato sotto forma di modulazioni il messaggio sonoro che viene
estratto da un trasduttore.
Il ruolo del giradischi si preannuncia perciò estremamente semplice
ma, come nella maggioranza dei casi i problemi sorgono all'atto pratico.
Ne consegue che per cercare di capire quali e quanti funambolismi tecnologici
hanno dovuto affrontare i vari costruttori, esaminiamo un po' più
da vicino come è fatto e quali sono le varie filosofie sviluppate
per cercare di avvicinarsi il più possibile al «giradischi
ideale».
II problema di base, dal «fonosauro»
di Edison azionato a manovella, ai giorni nostri è stato quello
di porre un elemento in rotazione rispetto ad un altro.
Agli albori si utilizzò la forza dell'operatore, successivamente
ci si orientò verso motori a gravità poi a molla, ma la
grande svolta si ebbe soltanto con l'adozione del motore elettrico,
che ancor oggi equipaggia i nostri giradischi.
I tipi di motori
I tipi di motore utilizzati possono suddividersi
in due grandi categorie: a corrente alternata (asincroni e sincroni)
e a corrente continua (con collettore e senza).
II motore asincrono
Il
motore asincrono è costituito da due parti: Io statore e il rotore.
Il primo è una sorta di corona circolare che ospita al suo interno
un certo numero di avvolgimenti, che percorsi dalla corrente alternata
generano all'interno dello statore stesso un campo magnetico rotante.
Ogni avvolgimento è in pratica un elettromagnete (polo) ed in
un motore ve ne possono essere, da un minimo di 2 a vari multipli.
Se all'interno dello statore poniamo un nucleo cilindrico in grado di
ruotare sul proprio asse e dotato di un opportuno avvolgimento, costituito
da spire in corto circuito, otterremo la rotazione del rotore.
Questo avviene in quanto il campo magnetico alternato, generato dallo
statore induce, a causa del ben noto fenomeno dell'induzione elettromagnetica,
nelle spire del rotore una corrente alternata che a sua volta determina
un'altro campo magnetico.
Dalla mutua interazione tra i due campi magnetici
(statore e rotore) nasce una forza motrice che pone in rotazione il
rotore.
Per fare in modo che il motore asincrono possa iniziare il suo moto
sono previsti alcuni accorgimenti; tra cui il più usato è
quello di porre sulla struttura dello statore dei poli aggiuntivi che
vengono eccitati in modo sfasato, rispetto ai poli normali, mediante
l'interposizione di un condensatore.
Questo tipo di motore è in grado di offrire
un buon spunto un'ottima affidabilità ed una facile realizzazione:
per contro però non è in grado di fornire una velocità
di rotazione costante.
A questo inconveniente si è parzialmente
ovviato ribaltando la disposizione di statore e rotore posizionando
quest'ultimo esternamente allo statore ed utilizzando di conseguenza
la sua massa come volano per stabilizzare la velocità di rotazione
ma, anche con questo accorgimento questo tipo di propulsore viene scarsamente
utilizzato.
Il motore sincrono
Il
motore sincrono presenta una struttura piuttosto simile a quello asincrono,
ma se ne discosta per quanto concerne la realizzazione del rotore.
Questo e costituito da un certo numero di poli permanenti, di numero
uguale a quelli dello statore, disposti su una corona circolare solidale
all'albero motore.
Similmente a ciò che succede per il motore asincrono, il campo
rotante generato dallo statore si «concatena» con quello
dei poli permanenti generando la rotazione del rotore ad essi solidale.
E' da rilevare che l'inerzia tipica del rotore non consente al motore
di avviarsi e di conseguenza deve essere posto in rotazione, ad una
velocità prossima a quella di sincronismo, mediante altri mezzi.
Uno tra i più usati dai costruttori di motori
per cinematiche, consiste nel dotare il rotore di un avvolgimento che
in presenza di un campo magnetico rotante è in grado di portare
il motore ad una velocità prossima a quella nominale; da questo
punto in poi il funzionamento da asincrono prosegue a tutti gli effetti
come sincrono.
I principali vantaggi di questo motore risiedono
nella sua elevata costanza di rotazione, in quanto quest'ultima è
strettamente correlata al valore della frequenza di rete.
L'unica variabile che può influire sul numero di giri è
la frequenza di rete.
La tensione può infatti subire anche delle
notevoli variazioni rispetto al valore nominale, ma la frequenza e rigidamente
fissata a 50 Hz e I'Enel ne garantisce la costanza.
Da ciò si evince l'estrema comodità
di utilizzare il motore sincrono per garantire la costante velocità
di rotazione del piatto.
Motore in DC con spazzole
Questo tipo di motore in genere non trova utilizzo
nei giradischi ma il suo principio di funzionamento è propedeutico
per comprendere come sono realizzati quelli senza spazzole !
Per semplicità immaginiamo di avere uno statore sul quale trovano
posto due poli magnetici permanenti. ed uno statore, solidale all'albero.
motore, costituito da un certe. numero di spire.
Ora se facciamo circolare una corrente al suo interno,
a causa della nota legge dell'induzione elettromagnetica. il rotore
girerà di mezzo giro poi di un altro mezzo giro in senso opposto;
a questo punto occorre un particolare dispositivo, il collettore, che
inverta il senso di circolazione della corrente nel rotore; così
facendo, si può mantenere costante il senso di rotazione della
corrente nei confronti del campo magnetico.
Purtroppo il nostro motore non è ancora completo
in quanto manca ancora un dispositivo, le spazzole, che hanno il compito
di portare la corrente al collettore.
Tra i vantaggi di questo motore possiamo rilevare
un'ottima coppia di spunto, una velocità di rotazione in funzione
della tensione di alimentazione, una costruzione semplice e robusta,
ma il principale inconveniente è determinato dallo scintillio
provocato dallo strisciare delle spazzole contro il collettore che costituisce
una fastidiosa fonte di disturbi.
Inoltre le spazzole richiedono delle periodiche
verifiche e sostituzioni.
I motori in DC senza spazzole
In questi motori, prevalentemente utilizzati nei
trazione diretta, il collettore e le spazzole sono stati sostituiti
con dei circuiti elettronici che provvedono ad eseguire le varie commutazioni
e grazie a questa loro peculiarità sono chiamati motori ad effetto
Hall.
Per il resto, il loro principio di funzionamento
è perfettamente equiparabile a quello dei comuni motori in DC.
Molto spesso questi motori sono assistiti da circuito di servo-controllo,
che mediante sensori verifica istante per istante la velocità
di rotazione ed apporta le opportune correzioni.
In linea teorica questi motori, se ben realizzati,
non prestano il fianco ad alcuna critica ed il loro unico inconveniente
risiede in un costo di produzione piuttosto elevato.
Ora, dopo esserci soffermati sui vari tipi di motori
utilizzati possiamo fare un ulteriore passo avanti per esaminare i vari
tipi di trazione esistenti.
L'impiego di un motore sincrono, in unione ad un piatto di buona massa,
costituisce la soluzione adottata dalla maggior parte dei giradischi
con trazione a cinghia.
Tipi di trasmissione
Per
trasmettere i! moto dal motore al piatto esistono tre tipi di trasmissione:
a puleggia, a cinghia e diretta.
II primo, di cui tratteremo per semplice dovere
di cronaca in quanto ormai caduto in disuso, consiste nel trasmettere
il moto al piatto per mezzo di una rotellina in gomma, direttamente
calettata sull'albero del motore o interposta tra questo e il bordo
interno del piatto.
Questo sistema piuttosto primordiale offriva il
vantaggio di partenze rapide e di un'elevata robustezza, ma nel contempo
trasmetteva al piatto una quantità enorme di vibrazioni e di
fluttuazioni di velocità.
La trazione a cinghia è stata l'evoluzione
successiva alla puleggia e gode tuttora di grande considerazione presso
i costruttori di apparecchiature di alto pregio quale miglior metodo
possibile per movimentare il piatto.
Questo tipo di schema infatti, pur presentando i
vantaggi di semplicità di realizzativa e di economicità
tipici dei modelli a puleggia offre il grande vantaggio di isolare il
piatto dalle vibrazioni meccaniche prodotte dal motore durante il suo
funzionamento.
Il principale svantaggio imputato ad esso consiste
nella lentezza con cui il piatto, a causa della sua inerzia, raggiunge
la velocità nominale. Nella maggioranza dei casi il tipo di motore
utilizzato è di tipo sincrono e può essere alimentato
anziché direttamente dalla rete, mediante un'apposito circuito
elettronico composto da un oscillatore al quarzo che genera la frequenza
di funzionamento del motore.
Così facendo si garantisce un'assoluta costanza
della velocità di rotazione e volendo, al posto del consueto
dispositivo meccanico che passa la cinghia da una gola all'altra della
puleggia, di attuare il cambio di velocità 33/45 giri elettronicamente.
II terzo sistema utilizzato per trasferire il moto
di rotazione al piatto è quello che si rivela meccanicamente
più semplice e che ha subito un grande sviluppo verso la metà
degli anni settanta ad opera dei produttori giapponesi.
II principio di funzionamento
della trazione diretta è molto immediato, in quanto il
piatto è solidale all'albero motore e di conseguenza la sua velocità
di rotazione coincide con quella del motore.
Purtroppo questo genere
di sistema all'atto pratico presenta svariati inconvenienti che rendono
la sua realizzazione alquanto complessa.
In primo luogo esiste
il problema delle vibrazioni prodotte dal motore durante il suo funzionamento
che si trasmettono perfettamente al piatto, in quanto, quest'ultimo
è solidale all'albero motore.
Da ciò ne deriva
che il motore deve essere progettato e realizzato con estrema cura e
purtroppo questo si ripercuote sul prezzo di produzione, perciò
è buona norma diffidare dei trazione diretta molto economici
!
Con
l'avvento della trazione diretta ed i motori in DC si è
resa necessaria l'adozione di particolari circuiti elettronici che controllassero
e che eventualmente correggessero la velocità di rotazione del
piatto; il tutto nell'ottica di impedire variazioni della velocità
di rotazione.
Tra i più utilizzati
sono da segnalare quelli controllati al quarzo (PLL);
questo tipo di circuito di controllo ad anello chiuso della velocità
di rotazione, si basa sulla comparazione tra due frequenze, una delle
quali è generata dalla lettura, per mezzo di un sensore magnetico,
di una banda magnetizzata posta sulla parte in rotazione, mentre l'altra
(campione) è generata da un quarzo.
La differenza tra le due
frequenze da origine ad una tensione di errore che modifica la tensione
di alimentazione, in caso di motore in CC, oppure, la frequenza di alimentazione
in caso di motore in AC. In quest'ultimo caso si ricorrerà
all'impiego di un oscillatore controllato in tensione il quale genera
una frequenza che provvede a modificare la frequenza di alimentazione.
Quando viene rilevato
uno scarto significativo, entra in azione un dispositivo di servocontrollo
che imprime al motore le necessarie variazioni per riportare la situazione
alla normalità. In linea teorica questo particolare dispositivo
potrebbe funzionare egregiamente se tutti gli interventi del servo avvenissero
in «tempo reale !».
In pratica questo dispositivo
quando è utilizzato in presenza di piatti particolarmente leggeri,
presta il fianco ad alcune critiche. In primo luogo il servocontrollo
per reagire impiega un tempo finito, ne consegue che esso inizia ad
agire quando l'errore è già avvenuto senza perciò
prevenirlo.
Se lo stilo della testina
incontra delle modulazioni del solco di ampiezza notevole, l'attrito
che ne deriva imprime un rallentamento del piatto. A questo punto entra
in azione il servo-controllo che imprime un'accelerazione per riportare
la velocità di rotazione al valore costante ma, questa accelerazione,
in parole povere, non è altro che un'ennesima variazione di velocità
!
Molti ritengono che l'intervento
del servocontrollo è così rapido che non può essere
avvertito, ma più il suo intervento è rapido e tanto più
sono rilevanti le accelerazioni impresse al sistema ruotante.
Perciò questo dispositivo
più che impedire che avvengano variazioni di velocità
introduce delle ulteriori cause di perturbazione ad alta frequenza ancora
più avvertibili di quelle a bassa per le quali il dispositivo
si dimostra efficace.
Un'altra soluzione al problema
della costanza di rotazione del piatto potrebbe rivelarsi quella di
adottare un motore con una coppia molto potente, che riesca a contrastare
l'attrito creatosi tra lo stilo e le modulazioni del disco, ma in questo
caso un motore così concepito accentuerebbe ancor più
il problema dell'isolamento del piatto dalle vibrazioni prodotte durante
il suo funzionamento.
L'unica soluzione in grado
di fornire buoni risultati è quella di impiegare un piatto molto
pesante. quindi caratterizzato da un'elevata inerzia, in concomitanza
ad un motore a bassa coppia dotato di un sistema di servocontrollo che
agisce dolcemente su base statistica molto ampia, come realizzato da
Goldmund o da Thorens nel modello TD 524.
In questo caso l'unico
inconveniente è costituito dall'alto costo della realizzazione.
Quindi alla fine della
nostra carrellata sui vari tipi di trazione si può concludere
che la soluzione in grado di fornire i migliori risultati sonori
a costi decisamente sostenibili è la classica configurazione
a cinghia.
Ora, dopo aver esaminato
i vari tipi di motori adottati e le soluzioni inerenti alla trasmissione
del moto, spendiamo qualche parola su altre caratteristiche tecnico-costruttive
del giradischi.
Un'elemento da tenere in
massima considerazione è costituito dal perno, che deve essere
realizzato con ottimi materiali ed essere oggetto di un'accuratissima
lavorazione, in quanto da questi due fattori dipende la corretta rotazione
ed orizzontalità del piatto.
Medesima cura merita la
sede che lo ospita, di solito dotata di bronzine laterali in metallo
o in materiale plastico autolubrificante.
Nella parte inferiore della
sede spesso trova posto una sfera in acciaio che svolge l'azione di
vero e proprio cuscinetto reggi-spinta su cui si va a scaricare tutta
la massa del sistema ruotante.
In questo modo le aree
di contatto tra il perno e la sede sono ridotte a due zone puntiformi
sulle quali, in presenza di masse ruotanti particolarmente pesanti,
si possono raggiungere pressioni dell'ordine di 400 Ton/Cm2.
Alcuni costruttori, tra
cui Thorens, al posto di impiegare una sfera di acciaio, preferiscono
ricavare una superficie emisferica direttamente dal perno.
Entrambe le soluzioni,
se ben realizzate consentono un basso attrito tra le parti; infatti
il punto di appoggio, che costituisce anche l'asse di rotazione del
sistema, è caratterizzato da una bassissima velocità periferica
la quale garantisce appunto un minimo attrito e di conseguenza una bassissima
usura, dovuta anche alla presenza di olio lubrificante dotato di particolari
caratteristiche.
Quando acquistate un
giradischi non tralasciate di controllare se il cuscinetto
presenta gioco o meno. Il piatto a sua volta deve essere pesante, per
garantire un'ottimo effetto volano, e percosso non deve risuonare eccessivamente.
Anche il telaio e l'eventuale
sub- chassis svolgono un ruolo di primaria importanza, in quanto a loro
è demandato il compito di supporto di tutte le varie parti che
compongono il giradischi.
E' quindi estremamente interessante che il telaio presenti elevate doti
di robustezza, ma più di ogni altra cosa deve essere inerte.
Questo è facilmente
verificabile tamburellando con le dita su di esso; il suono che ne scaturirà
dovrà essere sordo, smorzato e solo in questo caso si potrà
essere sicuri che le vibrazioni indotte dall'ambiente esterno non verranno
ad inquinare il messaggio sonoro originale.
Un'ennesimo particolare
da tenere in considerazione, specialmente nei giradischi trazione diretta
a base rigida, sono i piedini ammortizzanti poiché in
questo caso il compito di isolare il giradischi dalle vibrazioni del
piano di appoggio dipende dalla loro efficacia.
E bene quindi constatare
che presentino buone doti ammortizzanti, ciò è verificabile
ponendo un disco sul piatto fermo e facendo scendere su di esso il pick
up; a questo punto occorre tamburellare sul piano di appoggio ed ascoltare,
attraverso l'impianto acceso, cosa viene riprodotto dai diffusori.
Più l'impianto riproduce
una copia fedele ed accuratamente amplificata del rumore delle vostre
dita e più la situazione del vostro giradischi si rivela tragica!
Ricordatevi comunque che
i principali nemici del giradischi sono le vibrazioni siano esse
indotte dall'ambiente esterno (acoustic feedback) o generate internamente
dalle varie parti in movimento perciò, in fase di acquisto, tenete
conto dei consigli che vi abbiamo esposto ed orientatevi verso produttori
specializzati di grande fama e tradizione, come Thorens, che da svariate
decine di anni è sinonimo di giradischi.
Ricordatevi infine che
nessun componente può migliorare la qualità del segnale
che gli perviene, al limite può peggiorarlo, di conseguenza il
giradischi è l'anello più importante in quanto ad esso
è demandato il compito di estrarre l'informazione musicale contenuta
nel disco sotto forma di modulazioni.